Negozio

Alla fine penso di non averlo mai cercato, ma che lui sia venuto a me.
Con le sue cementine quadrate beige e rosse, un po’ consunte, con le sue travi a vista, i suoi muri spessi e irregolari.
Questo spazio portava con sé un vento dal passato e ricongiungeva i vari passaggi. Si sentivano le voci delle persone che avevano calpestato la strada di fronte, le risate e le mille parole, il fruscio delle gonne e i clacson delle prime macchine.
In una via il mondo di tutti: ma soprattutto il mondo italiano, le nostre famiglie, i nostri Natali, i nostri compleanni. Ci sentivo tutto il mondo antico che faceva da base e che ti ispirava, che ti faceva sentire a casa e ti dava le ali per andare lontano.
Tutto questo rappresentava molto bene Verde Salvia ed era giusto che prendesse posto in questa via, Broseta n.8.
Piccolo e raccolto, presto pieno zeppo di cose che ti avvolgono e ti accolgono.
Una vetrina bellissima e commovente per l’artigianato italiano e soprattutto bergamasco che si poteva diffondere da questa via: la manualità e la bravura dei nostri artisti così apprezzati in tutto il mondo. Capacità che sono cresciute e che si sono solidificate nei secoli e che noi abbiamo il dovere di non perdere.
Appena ci siamo visti ci siamo riconosciuti. Prima di me altre tre persone erano interessate a questo spazio, ma una strana tranquillità mi pervadeva come quando sai dentro di te che può andare solo in un modo: su quella vetrina si sarebbe visto solo un nome.
E così è andata.
Via Broseta, suona anche molto bene e l’8 completa il quadro perché se lo orizzontalizzi è il simbolo dell’infinito, di ciò che non si perde, che non finisce mai.
In tutto c’era scritto il destino di Verde Salvia: era qui che doveva stare.
ELENA F.


